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martedì 4 gennaio 2011

Lady independence


Lady independence


Quando Vivienne Westwood arriva in Italia, più volte l’anno, viene spesso a Firenze, anzi a Prato, in campagna. Perché adora la casa di Rosita Cataldi e Paola Iacopucci, le sue due produttrici proprietarie del Cataldi Group che da diciassette anni lavorano per lei. Prima solo alla sua strepitosa maglieria e da dieci anni anche per la collezione Gold Label. Le ha fatte incontrare a Milano L’ad del marchio, Carlo Damario, e da allora non si sono più lasciate. Le unisce la stima e l’affetto oltre al lavoro appassionato, e anche una favorevole congiunzione astrale: Vivienne è un’ariete (è nata a Glossop nel Derbyshire l’8 aprile 1941 e dall’età di 17 anni vive a Londra) con ascendente sagittario, Rosita è un sagittario, Paola anche lei ariete con ascendente sagittario. “Il nostro incontro ha scatenato subito una simpatia reciproca e un profondo rapporto umano”, ricorda Rosita Cataldi che non si stanca di ripetere come la Westwood sia sì una creativa allo stato puro ma anche una sapientissima tecnica dell’abbigliamento. “Di lei ti innamori subito e ti entusiasmi quando la vedi lavorare, drappeggiare un abito o tagliare una manica. Vivienne ha insegnato nelle scuole e perciò ha il dono di spiegare bene le cose che vuole realizzare. Con Con lei è mpossibile non capire la moda”.
Quando arriva nella bella casa di Prato per definire una collezione o per rilassarsi qualche giorno Vivienne Westwood smette i panni dellaribelle dello stile, sceglie la vita sana, le belle passeggiate fino alla fabbrica, in tavola le verdure condite con l’olio purissimo di oliva che le piace utilizzare anche come infusione da bagno.
Nella carriera strepitosa, scoppiettante e sempre coerente della stilista inglese che ha lanciato il rock e il punk, prima con l’amato Malcom cLaren e poi da sola e negli ultimi anni col bel marito Andreas, c’è molta Italia, con la produzione, la scelta dei filati e dei tessuti e le sfilate maschili a Milano. Ancora un faro il suo negozio londinese che ha cambiato molti nomi ma mai l’anima propositiva, sempre ammirate le sue creazioni che saldano l’avvenire al tocco sapiente alla Savile Row, convincenti le sue battaglie di libertà e di civiltà, per la difesa dei perseguitati e degli animali come della natura nel suo complesso. Ora proprio alla Westwood che tanto significa per la moda degli ultimi trenta anni e che resta sempre un faro per ogni giovane stilista (anche ora che dal 2006 la Regina Elisabetta l’ha voluta promuovere col titolo di Dame) vogliamo chiedere quanto e cosa è cambiato nel fashion system.
Vivienne, quanto è cambiata la moda di oggi?
Viviamo in un’epoca di profondo conformismo stilistico, che poi riflette l’attuale conformismo culturale. Siamo governati dal mass marketing e dalla pubblicità. Il fatto di poter lavorare in modo indipendente, di possedere un’azienda slegata dalle logiche dei grandi Gruppi, mi ha sicuramente permesso di non compromettere la qualità sartoriale delle mie creazioni. Un privilegio di cui oggi però godiamo in pochissimi, nel mio lavoro.
Come ci si sente nei panni di una pioniera dello stile?
All’inizio della mia carriera era facile essere sovversivi. Erano più facilmente identificabili i tasti da toccare per scuotere ciò che era considerato accettabile dal sistema. Oggi invece bisogna affinare armi più sottili per destabilizzare lo status quo. Sono arrivata alla conclusione che la vera forma di ribellione sta nel provare ad elevare gli standard di qualità e di gusto.
Qual’è il segno più forte dellasua moda?
Posso dire senza falsa modestia: la ricchezza di idee. Il mio approccio alla moda è sempre stato determinato da una vorace uriosità intellettuale, da un necessario amore per la storia del costume, ma anche da un bisogno di testare continuamente i limiti culturali della nostra società, i nostri tabù, anche attraverso l’anatomia femminile. In particolar modo, ho sempre trovato affascinante il modo in cui un abito, cambiando e forzando le geometrie del corpo, affermi l’ individualità della persona nello spazio e nella società.
Si può essere eleganti anche con pochi soldi?
Ho sempre sostenuto che la bellezza e l’eleganza provengano dalla naturalezza, dalla grazia interiore, dalla propria personalità e individualità. Il problema dei prodotti di abbigliamento “low cost” è che propongono uno stile di vita orientato alla bassa qualità, che in periodi critici come quello che stiamo attraversando significa anche sconsideratezza nei riguardi del pianeta. Materiali a devastante impatto ambientale. Per questo ho lanciato un preciso messaggio: comprate meno, comprate meglio. All’accumulo insensato di capi nel proprio uardaroba è preferibile quello anche di un solo capo, ma buono.
Alcuni avanzano l’ipotesi che i defilè comincino ad essere obsoleti: lei che ne pensa?
Non sono assolutamente d’accordo. E’ solo quando vedouna mia modella sfilare sulla passerella che mi rendo conto che l’abito prende davvero vita.
Andando per strada nel mondo: chi sono i più modaioli, gli uomini o le donne?
Devo dire che purtroppo la maggior parte della gente che incontri per strada è vestita in modo anonimo. Viviamo avvero in una cultura estetica grigia, conformista, che ha paura di prendere qualsiasi rischio. In nome di trend che però non dicono nulla della personalità di chi li indossa. Questa è una delle cose cui mi sono sempre opposta con il mio lavoro.
Chi è la donna più chic del mondo? e il maschio più affascinante?
La donna? E’ la mia Regina. L’uomo: il principe Carlo, sia per l’eleganza che per il proprio impegno nei confronti dell’ecologia e dell’ambiente.

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