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lunedì 10 ottobre 2011

A TAVOLA!!!!!!! Cè HERMèS!















1 commento:

  1. All’inizio ci sono il cobalto e il caolino, la ceramica celadon e i «bianchi e blu» Yuan.
    Poi le porcellane Ming, che cessano di essere un’esclusiva dell’imperatore cinese per conquistare dal XVI secolo le corti principesche d’Europa. Giunche e galeoni solcano i mari, con le stive piene di porcellane e spezie. Provenienti da Cina e Giappone, Persia e Turchia, Portogallo e Olanda, fanno scalo nel porto dal nome evocativo di Lorient e approdano con i loro carichi di Bello e di blu, presto monopolizzati dalle compagnie delle Indie orientali.
    Le mitiche Indie riassumono un Oriente che si rivela anche nella terra. Come se il blu avesse trasvolato le moschee di Samarcanda e i minareti d’Ispahan, prima di trasformarsi in piastrelle azulejos o di Delft.Dal blu della realtà al blu dei sogni. Prendere il volo in assenza di gravità con Chagall nell’azzurro infinito. Cavalcare come Kandinskij e il suo Cavaliere che reca un colore di pace. Scorrazzare come Cendrars «nel ventre di un capodoglio, in un grande barile d’indaco».
    E soprattutto, grazie a questo blu nomade, riunire sulla propria tavola la quotidianità e l’immaginario del viaggio.

    Giunti dalla Cina al termine di un lungo viaggio, i motivi erano suggeriti direttamente dalla natura. Nessuna freddezza, dunque, nei petali, nelle margherite, nei raggi di cera. In Giappone il rosone è diventato Nobile Insegna del crisantemo, altrimenti detto sigillo imperiale. Garanziad’eternità, la pigna è arrivata da Lisbona, dove gli azulejos l’hanno moltiplicata all’infinito, e la stella da Delft.
    Qui, l’astrazione geometrica è la logica conclusione della storia del «bianco e blu», fatta di quell’incessante viavai tra Europa e Oriente.Liberi per ispirazione, i disegni lo sono anche per dimensione: alveoli stretti a nido d’ape, gli esagoni si impongono in grande, divorando lo spazio. Piatti di generosa capienza, coppette che si adattano al palmo, una grande teiera d’impronta uzbeka, panciuta come la O blu di Rimbaud,esprimono l’ospitalità di chi, più che ricevere, accoglie.
    Il tutto con quella misteriosa coerenza conferita ai pezzi raccolti qua e là dallo sguardo amorevole del collezionista che li ha riuniti.Una sottile striscia nera, opaca, contorna il blu, che sembra applicato a guazzo con tocchi impetuosi, quasi disordinati, in grado di animarlo e di conferirgli sostanza e corposità. È come il piombo delle vetrate di Chartres, come il tratto che, da Gauguin ai Nabis, fa da argine allecampiture di puro colore. Quasi invisibile, è l’eminenza nera che rende il bianco più smagliante e il blu più profondo. È il «nero come energia» caro a Klee, o la «segreta nerezza del latte» squisitamente taoista.


    In questo dilagare d’oltremare, un’unica coppetta di colore giallo d’Oriente, con la divina sorpresa di una stella di un blu intenso sul fondo. Un’opposizione dei complementari che ci conduce nel cuore stesso della pittura: Vermeer, la piccola porzione di muro fra i tetti, laragazza col turbante, una mela cotogna su una maiolica di Delft, a meno che non si tratti di una porcellana cinese o persiana. Un euforico omaggio a paesi lontani e ad epoche trascorse per un servizio assolutamente moderno. Blu limone, blu sole, colore del tempo e del viaggio…

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